Piani individuali di risparmio (PIR) senza rischio Italia

 

Come beneficiare delle esenzioni fiscali ed azzerare il rischio Italia con i PIR. Sembra una contraddizione, ma è la normativa a consentirlo. Gestori e consulenti finanziari fanno spesso notare come investire tramite i Piani individuali di risparmio a lungo termine (PIR), introdotti dall'art. 1, commi da 100 a 114 della legge 232/2016,  espone il risparmiatore ad un (eccessivo) rischio di concentrazione sull'Italia, per via dell’obbligo di investire almeno il 70% delle somme confluite nel PIR in strumenti finanziari di emittenti italiani qualificati. E’ probabile che tali conclusioni derivino dalla composizione degli strumenti finanziari in cui concretamente investono, in prevalenza, Oicr (fondi ed Etf) PIR conformi.

Ma ad una analisi più attenta, si può notare che tale rischio, per chi lo dovesse temere, potrebbe essere anche azzerato.

Vincoli di composizione del PIR

La norma prevede che le somme confluite nel PIR debbano essere investite, per i due terzi di ciascun anno solare:

  1. per almeno il 70 per cento del loro ammontare in strumenti finanziari emessi da imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri della UE o dello Spazio economico europeo con stabile organizzazione in Italia
  2. per almeno il 30 per cento del 70 per cento (e quindi per il 21% dell’ammontare complessivo) in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (sono indici equivalenti ad es.: Cac 40 francese, Dax tedesco, FTSE 100 di Londra, Ibex spagnolo, AEX olandese, PSI 20 portoghese)
  3. per il residuo 30 per cento in strumenti finanziari anche diversi da quelli di cui ai precedenti numeri 1) e 2)  ma in ogni caso non di emittenti aventi sede in Stati o territori a fiscalità privilegiata.

La norma, pertanto, riconosce il regime di esenzione fiscale[1] anche se il portafoglio titoli in cui è investito il PIR è composto, per il 70 per cento, di strumenti emessi da emittenti europei (UE e SEE) con stabile organizzazione in Italia.

In tal caso l’investitore italiano potrebbe non detenere neppure uno strumento finanziario emesso da società italiana e beneficiare di tutte le esenzioni fiscali previste per i PIR.

Un esempio

Si immagini un PIR in cui l’investitore versa 30 mila euro il primo anno.

Con un PIR in regime amministrato puro dove l’intermediario abilitato si occupa della gestione fiscale del portafoglio secondo la normativa PIR, l’investitore può:

  • impiegare 9 mila euro (30% di 30 mila) in strumenti finanziari non qualificati (p.es. Etf di settore e replicanti indici di mercati extraeuropei, come Usa, Giappone, Emergenti, Africa, ecc.) con ampia diversificazione geografica e di settore
  • impiegare 14.700 euro (70% del 70% di 30 mila, quindi per il 49% del controvalore complessivo) in strumenti finanziari emessi da società comprese negli indici delle principali borse europee (come Cac 40 francese, Dax tedesco, FTSE 100 di Londra, Ibex spagnolo, AEX olandese, PSI 20 portoghese) purché aventi una stabile organizzazione in Italia. Si tratta di titoli delle maggiori società europee a più elevata capitalizzazione ed il fatto di avere una stabile organizzazione in Italia non modifica il loro profilo di rischio, in quanto società che operano su scala mondiale ed aventi sede in Paesi diversi dall’Italia; conseguentemente il rischio Italia, economico e giuridico, afferente alla sola attività svolta dalla stabile organizzazione può considerarsi sostanzialmente assente, in quanto il centro degli affari ed interessi di tali realtà è nel Paese ove hanno sede ovvero distribuito sui principali mercati mondiali (diversi dall’Italia)
  • impiegare 6.300 euro (30% del 70% di 30 mila) in strumenti finanziari emessi da società europee con stabile organizzazione in Italia non comprese negli indici principali dei vari mercati.

Gli strumenti finanziari possono essere rappresentati, naturalmente, anche da titoli di debito e non solo da azioni. Possono essere anche quote di Oicr con sede in Paesi della UE o dello Spazio economico europeo, sempreché investano in titoli di società Ue o See con stabile organizzazione in Italia (attualmente non si ha notizia di Oicr od Etf  PIR conformi che seguano una politica  investimento che esclude emittenti italiani e prende in considerazione – per la quota qualificata - solo emittenti europei con stabile organizzazione in Italia).

Con un PIR gestito in amministrato e l’inserimento di titoli di emittenti europei con stabile organizzazione in Italia (per la quota del 70%) è possibile dare una soluzione giuridica corretta all’investitore che voglia azzerare il rischio Italia e godere di esenzioni fiscali.

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Nell’esempio, il rischio geografico è ripartito tra Europa (diverso da Italia) per il 70% e resto del Mondo per il 30%.

Come individuare gli emittenti europei con stabile organizzazione in Italia. L’interpretazione dell’Agenzia delle entrate

Il ricorso a fonti e banche dati pubbliche consente di risalire, pur con qualche difficoltà, alle società europee quotate nei principali mercati che hanno stabile organizzazione in Italia. Tuttavia l’Agenzia delle entrate (Circ. 3/E del 26 febbraio 2018, p. 23) ha introdotto oneri documentali che appaiono sproporzionati rispetto al fine della individuazione della stabile organizzazione in Italia, fino a quasi privare la norma che consente di investire in società UE o SEE di una sua concreta applicabilità.

Secondo l’Agenzia:

"Ai fini dell’applicazione della presente normativa, si precisa che il requisito dell’esistenza di una stabile organizzazione (cd. requisito di radicamento nel territorio dello Stato) nonché della residenza nei predetti Stati deve essere certificato ad opera del soggetto emittente lo strumento. La certificazione deve riguardare altresì la sussistenza di tali requisiti alla data di effettuazione dell’investimento".

Secondo l’Agenzia, quindi, sia la residenza fiscale in un Paese Ue o SEE che l’esistenza della stabile organizzazione in Italia dovrebbero essere certificati dalla stessa società emittente.  Nulla di tutto ciò è previsto dalla normativa primaria, che neppure attribuisce all’Amministrazione finanziaria il potere di individuare condizioni e limiti ai fini dell’accertamento dei requisiti di radicamento territoriale delle società estere.

E’ evidente come tale onere documentale di fatto renda estremamente difficile poter investire in società europee quotate, specie di grandi dimensioni, in quanto occorrerebbe richiedere a ciascuna di esse la certificazione di residenza fiscale e di esistenza di una stabile organizzazione in Italia.  Assai poco comprensibile – e fortemente penalizzante per l’investitore - è la richiesta di inserire nel certificato anche la sussistenza dei requisiti alla data di effettuazione dell’investimento.

L’interpretazione dell’Agenzia appare contraria al diritto dell’Unione europea in quanto ostacola – di fatto - l’investimento in società europee con stabile organizzazione in Italia, violando la libertà di circolazione dei capitali.

Una soluzione operativa potrebbe consistere nella pubblicazione nel sito internet degli emittenti europei della certificazione richiesta dall’Agenzia delle entrate: residenza fiscale nel Paese Ue o SEE e dichiarazione di esistenza di stabile organizzazione in Italia.

Conclusioni

La norma sui PIR consente di poter investire, con esenzioni fiscali, anche senza rischio Italia.

Ciò richiede, naturalmente, l’individuazione:

  1. di modelli di portafoglio composti, per la quota qualificata del 70%, di titoli (azionari e/o obbligazionari) di emittenti europei, sia inclusi nei principali indici sia in quelli riservati alle imprese a minore capitalizzazione
  2. di strumenti attraverso cui documentare l’esistenza della stabile organizzazione in Italia e la residenza UE o SEE dell’emittente, da validare anche mediante procedura di interpello, diversi da quelli suggeriti dall’Agenzia delle entrate, per non vanificare la portata ed il significato della norma primaria e non incorrere in violazioni (indirette) di uno dei principi fondamentali dell’UE relativo alla libertà di circolazione dei capitali.

[1] Come è noto l’esenzione fiscale spetta nel rispetto sia dei vincoli di investimento che di altre condizioni poste dalla legge (tra cui: detenzione degli strumenti finanziari per 5 anni; vincoli di concentrazione, vincolo temporale di detenzione degli strumenti qualificati in ciascun anno solare, divieto di investimento in strumenti emessi da società con sede in Paesi a fiscalità privilegiata).

Maurizio Bastianelli - 26/08/2018 - Piani individuali di risparmio (PIR) - Apri un PIR

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